RU486, tante parole e…
RU486, tante parole e…

RU486, tante parole e…

In questi giorni il dibattito sulla pillola abortiva è molto acceso. Mi permetto di fare un collage, spero utile a chiarirsi un po’ le idee…

Su Repubblica è stata recentemente pubblicata un’intervista allo scopritore del farmaco, Emile-Etienne Baulieu (leggi l’intervista). Mi hanno colpito alcuni passaggi:

La scoperta della pillola avvenne quasi per caso nel 1982. “Cercavamo un sistema per inibire i ricettori del progesterone, l’ormone della gravidanza – racconta Baulieu – Assunto entro le prime settimane dal concepimento, il mifepristone impedisce all’ovulo fecondato di impiantarsi nell’utero, provocando un aborto spontaneo. Alcune delle pazienti sulle quali l’abbiamo sperimentata in Svizzera – ricorda – già dopo qualche giorno andavano a sciare senza problemi”. L’aborto chimico è comunque doloroso. Due giorni aver preso la pillola va assunta un’altra sostanza (la prostaglandina) che provoca le contrazioni per l’espulsione dell’embrione. 

“Non dico certo che sia piacevole, né facile: nessuna pillola e nessun medico potranno alleviare il dramma di un aborto. Io – continua Baulieu – ho voluto soltanto offrire la possibilità di scegliere. La Ru486 permette di vivere questo brutto momento a casa propria, nell’intimità, aiutate da famigliari e amici. Ma conosco molte donne che mi hanno confessato di non voler pensare a niente e lasciare tutto al lavoro dei medici: in questo caso anche io consiglio l’anestesia e l’operazione”. 

Dall’anno scorso, il ministro della Salute francese ha deciso che può essere prescritta anche fuori dalle strutture ospedaliere, da medici autorizzati o presso consultori famigliari. La Ru486 è permessa fino al quarantanovesimo giorno dal ciclo mestruale: dopo è possibile unicamente l’aborto chirurgico. Il protocollo, i dati. Baulieu ha un atteggiamento impassibile. Si scalda soltanto quando, con un moto d’orgoglio, rivendica i risultati della sua invenzione. “Il successo clinico è del 95% – spiega – e i rischi di complicazioni vengono considerati minimi, comunque non superiori a quelli che comporta l’asportazione chirurgica dell’embrione”.

I rischi saranno anche minimi, ma sono presenti.

Un totale di 607 segnalazioni di reazioni avverse con Mefepristone sono state inoltrate all’FDA (Food and Drug Administration) nell’arco di 4 anni. La più frequente reazione avversa segnalata è l’emorragia ( n = 237 ) e, secondariamente, le infezioni ( n = 66 ). 

Tra le emorragie c’è stato 1 caso fatale, 42 episodi minaccianti la vita, 168 eventi gravi. 
In 68 casi è stato necessario ricorrere alle trasfusioni. Le infezioni hanno compreso 7 casi di shock settico, di cui 3 casi fatali e 4 minaccianti la vita. In 43 casi è stato necessario l’impiego di antibiotici per via parenterale. 

Interventi chirurgici sono stati richiesti in 513 casi, di cui 235 in emergenza.
I casi di emergenza comprendevano 17 gravidanze ectopiche. La vitalità del feto al secondo trimestre è stata documentata in 22 casi. Dei 13 casi documentati, sono state diagnosticate gravi malformazioni in 3 feti.

Dai dati del database AERS è emerso che l’emorragia e le infezioni sono le principali cause di morbidità e mortalità associate al Mifepristone. (Xagena_2005)

Per chi vuole approfondire un po’ ci sono alcuni articoli interessanti

Ma ciò che soprattutto mi ha colpito, detto da un medico (la medicina come scienza, frutto di dimostrazioni ed evidenze e bla bla bla…)

Monsieur Ru486 non porta sulla coscienza il peso di milioni di “bambini mai nati”. “Anche gli spermatozoi sono vivi eppure ne vanno persi milioni senza nessun problema etico”. Quando un ovulo fecondato diventa un bambino? L’anziano medico risponde senza esitazioni. In automatico. “Ho due risposte. La prima è a partire dal momento in cui gli altri cominciano a riconoscerlo come tale. Nel caso della società a partire dalla sua nascita. Tuttavia, la seconda risposta mi sembra più precisa: tutto dipende dalla donna, dal momento in cui la donna comincia a sentire questo embrione come un nuovo essere. Quando una donna ha un ritardo, lo esprime giustamente così: “Ho un ritardo”. Alcune settimane dopo, comincia a dire: “Sono incinta”. Però ha bisogno di un tempo considerevole per dire: “Aspetto un bambino”. E’ soggettivo. E’ tutta una questione psicologica”.

Su un sito “medico” molto accreditato potete vedere com’è la “questione psicologica” al 49° giorno.

http://www.visembryo.com/baby/19.html

Io non aggiungo altro.